Il delitto di maltrattamenti in famiglia

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Per la Cassazione il delitto di maltrattamenti in famiglia può integrarsi anche per un quadro di sopraffazione derivante dall’incurie e dal disinteresse del partner.

Con la sentenza n. 43570 del 25 novembre 2021, ha affrontato la questione della configurabilità o meno del reato di maltrattamenti in famiglia in caso di sopraffazione realizzata mediante il costante disinteresse verso i bisogni affettivi ed esistenziali della vittima e mediante la totale incuria.

Sul tema, la Suprema Corte si è espressa in favore della configurabilità del reato di cui all’art. 572 c.p.: la condotta di omissione reiterata agli obblighi di cura e il costante disinteresse dimostrato verso i bisogni affettivi ed esistenziali del coniuge possono infatti contribuire, soprattutto laddove si sommino ad aggressioni fisiche e psicologiche, a porre la vittima in quello stato di assoggettamento e sopraffazione proprio dei maltrattamenti. La produzione, per la persona offesa dalle condotte del coniuge, di un “sistema di vita mortificante e vessatorio” che sia “fonte abituale di sofferenze fisiche e morali” costituisce, invero, l’elemento oggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia.

Il caso all’attenzione della Suprema Corte, riguardava la condanna di un marito alla pena di tre anni di reclusione per il reato di cui all’art. 572 c.p. per aver maltrattato la moglie per oltre vent’anni, attraverso ingiurie, minacce, violenze psicologiche e fisiche nonché mediante un costante disinteresse per i bisogni affettivi ed esistenziali della stessa. Era infatti emerso dall’istruttoria dibattimentale come l’imputato, tra le altre cose, si fosse sempre mostrato indifferente alle richieste che la moglie gli rivolgeva per farlo collaborare nella gestione dei figli (richieste relative, ad esempio, al ritiro dei figli da scuola oppure al prendersi cura di loro mentre lei era al lavoro).
 
 
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